Perché l’età pensionabile non dovrebbe subire variazioni
Previdenza - 31 Mag 2024
L’età pensionabile non dovrebbe subire variazioni fino al prossimo anno. A confermarlo è il Ministero dell’Economia con il decreto del 18 luglio 2023, con il quale, sulla base della speranza di vita verificata dai dati Istat, non prevede variazioni per il biennio 2025-2026.
Fino a oggi, in Italia, non è in programma un aumento dell’età pensionabile, a differenza di quanto succederà in altri Paesi dove è previsto un leggero incremento. Bisogna ricordare che non esistono solamente la pensione di vecchiaia e anticipata come forme di pensionamento in Italia: negli anni sono state introdotte diverse misure di flessibilità che consentono di smettere di lavorare con qualche anno di anticipo.
Cosa non dovrebbe cambiare
Come anticipato, ufficialmente l’età pensionabile in Italia resterà la stessa nel 2025. Ciò significa che:
- per la pensione di vecchiaia bisogna aver compiuto 67 anni di età e 20 anni di contributi, mentre nel caso dell’opzione riservata ai contributivi puri sono sufficienti 71 anni di età e 5 anni di contributi;
- per la pensione anticipata, invece, il requisito resta di 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Per i lavoratori precoci che rientrano in uno dei profili che necessitano di maggior tutela sono sufficienti 41 anni di contributi (Quota 41). Non è richiesta un’età minima, a differenza di quanto invece previsto per l’opzione contributiva della pensione anticipata che si raggiunge a 64 anni di età, 20 anni di contributi e un trattamento previdenziale pari ad almeno 3 volte il valore dell’Assegno sociale (con riduzioni previste per le lavoratrici con figli).
Perché aumenta l’età pensionabile nel 2025
Se da una parte per queste opzioni non è in programma alcuna modifica dei requisiti, dal momento che la variazione delle speranze di vita non è stata sufficiente da giustificare un incremento dell’età pensionabile, lo stesso non si può dire delle misure di flessibilità che si affiancano alle regole della legge Fornero.
Il 31 dicembre, infatti, sono in scadenza Quota 103 (pensione a 62 anni di età e 41 anni di contributi), l’Ape Sociale (63 anni e 5 mesi di età, 30 o 36 anni di contributi a seconda del profilo di appartenenza) e Opzione Donna (61 anni di età e 35 anni di contributi).
Età e quota 103
Queste misure hanno contribuito ad abbassare l’età in cui effettivamente si va in pensione in Italia, ma le ultime politiche del governo Meloni hanno comportato una riduzione della platea. Per Quota 103, infatti, nell’ultimo anno è stata introdotta una penalizzazione in uscita attraverso un ricalcolo interamente contributivo dell’importo, mentre per l’Ape Sociale e Opzione Donna l’età pensionabile è aumentata rispettivamente di 5 e 12 mesi.
Un problema di risorse
Come abbiamo avuto modo di spiegare più volte, il rischio è che con la legge di Bilancio 2025 il governo fatichi a recuperare le risorse per confermare queste misure: di conseguenza, così come fatto con l’ultima manovra, il governo potrebbe introdurre nuove limitazioni, ritardando il pensionamento per coloro che confidavano di rientrare nella platea dei beneficiari.
Al momento questo aggravamento delle regole per la pensione non è ancora ufficiale, ma i segnali spingono tutti in quella direzione. I prossimi mesi, già dopo le elezioni Europee, saranno fondamentali per capirne di più a riguardo.