Ipotesi rinnovo norma silenzio assenso per destinare il TFR alla previdenza complementare
Previdenza - 25 Nov 2024
In discussione il possibile rinnovo della norma sul silenzio assenso per destinare automaticamente il TFR alla previdenza complementare. L’emendamento è stato riammesso nel corso della discussione in commissione bilancio dal senatore Rizzetto di FDI alla legge di bilancio 2025.
Dati sul TFR e previdenza complementare 2024
Dal 2007, il sistema produttivo italiano ha generato circa 438 miliardi di euro in Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Di questa somma, il 55,3% (241,9 miliardi) è rimasto accantonato nelle aziende, il 22,5% (98,5 miliardi) è stato destinato al Fondo di Tesoreria dell’INPS e il 22,2% (97,3 miliardi) è stato versato in forme di previdenza complementare. Nel 2023, il sistema ha prodotto 31,3 miliardi di euro di TFR, con 7,8 miliardi, pari al 25%, indirizzati verso la previdenza integrativa. La restante quota si è distribuita tra accantonamenti aziendali (17,3 miliardi) e il Fondo di Tesoreria (6,1 miliardi).
Secondo il rapporto annuale della Covip, nel 2023 le forme di previdenza complementare hanno raccolto 19,2 miliardi di euro, di cui 7,8 miliardi provenienti da quote di TFR e il resto da contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro (rispettivamente 5 e 2,9 miliardi). Questi dati indicano una crescita del 5,2% rispetto al 2022 e riflettono un interesse crescente, ma ancora insufficiente, per le forme di risparmio previdenziale integrativo.
La possibile proroga del “silenzio assenso”
In risposta alla necessità di rafforzare la previdenza complementare, la maggioranza politica sta promuovendo una nuova fase di “silenzio assenso”. Un emendamento proposto da Walter Rizzetto, presidente della Commissione Lavoro, prevede si nuovo l’introduzione di un semestre sperimentale a partire dal 1° gennaio 2025.
Tale misura, in linea con l’auspicio del ministro del Lavoro Marina Calderone di un sostegno alle forme di previdenza compleentare, espresso sin dal suo insediamento nel 2022, riprenderebbe il modello del 2007, quando la riforma della previdenza complementare consentì per sei mesi l’automatico trasferimento del TFR maturando a forme integrative se il lavoratore non effettuava una scelta esplicita entro sei mesi dall’assunzione.
Un altra ipotesi proposta dalla Maggiorana e attualmente accantonata era addirittura quella di rendere obbligatorio per tutti i lavoratori versare alla previdenza integrativa contrattuale il 25% del TFR
L’obiettivo è sempre quello incentivare l’adesione dei giovani lavoratori, specialmente quelli under 35 con carriere frammentate, e incrementare il flusso di TFR verso i fondi pensione. Si prevede che questa modifica possa comportare un’impennata significativa nei contributi alla previdenza complementare, con benefici per il sistema pensionistico.
La partecipazione complessiva alla previdenza complementare rimane infatti ancora inferiore alle aspettative, mentre si fanno sempre piu preoccupanti le prospettive sulle future pensioni INPS che si prefigurano per i lavoratori più giovani. Per una panoramica completa e approfondita vedi l’ebook Pensioni 2024 del prof . L. Pelliccia aggiornato con le novità della legge di bilancio 2024.
Norma ini vigore e riforma 2007
La riforma del 2007 ha introdotto regole fondamentali per la gestione del TFR: per le imprese con meno di 50 dipendenti, le somme rimangono accantonate presso l’azienda; per quelle con più di 50 dipendenti, in caso di mancata scelta del lavoratore, il TFR viene trasferito al Fondo di Tesoreria dell’INPS.
Era stata sperimentata la possibilità per i primi sei mesi del 2007 (o entro i primi sei mesi dall’assunzione) che il TFR maturando venisse automaticamente destinato a forme di previdenza complementare collettiva se il lavoratore non esprimeva alcuna preferenza entro i primi sei mesi.
Oggi , in alternativa, il lavoratore può optare per la destinazione esplicita del proprio TFR a un fondo pensione o a un’altra forma integrativa, includendo eventuali contributi aggiuntivi, interamente deducibili fino a una soglia annua di 5.164,57 euro. Attualmente la scelta è comunque revocabile, mentre non è prevista nella nuova formulazione della norma.